Abbiamo più volte manifestato i limiti dell’ecobonus e auspicato una sua revisione affinché le risorse venissero effettivamente destinate agli interventi più efficienti, in termini di costo del kWh risparmiato (qui la classifica dei vari interventi in termini di efficacia ed efficienza https://renovate-italy.org/2017/11/04/la-verita-sullecobonus-e-sullefficienza-energetica-degli-edifici/).
Abbiamo quindi prospettato una prima serie di indicazioni generali su come migliorare l’incentivo (https://renovate-italy.org/2018/09/25/proposta-per-una-nuova-incentivazione-delle-riqualificazioni-degli-edifici-parte-1/), che vengono completate dal presente articolo.
Per una cessione del credito veramente efficiente
Alla fine del 2016 avevamo accolto con favore il meccanismo della cessione del credito fiscale, cosi come era stato configurato nella Legge di Bilancio 2017.
La possibilità di cedere il credito generato solo dalla riqualificazione dell’involucro edilizio, infatti, premiava proprio gli interventi meno frequenti, ma più efficaci; inoltre, permetteva di superare la barriera finanziaria delle riqualificazioni profonde, rendendo di fatto questi interventi più economici rispetto alle semplici manutenzioni edilizie.
Si pensi per esempio ad un condominio che ha già necessità di effettuare la manutenzione della facciata dello stabile, e che per questo ha stanziato una cifra di 100.000 €; qualora valutasse la possibilità di approfittare dell’intervento per migliorare la prestazioni energetiche della facciata, il costo aumenterebbe di circa il 40%, portandosi a 140.000 €. Considerando il recupero delle detrazioni fiscali, nel primo caso il costo netto sarebbe pari a 50.000 € (grazie alla detrazione fiscale del 50% per le ristrutturazioni) mentre nel secondo sarebbe pari a 42.000 € (grazie all’ecobonus condomini – detrazione fiscale del 70%). A livello economico quindi la spesa è analoga, ma l’esborso iniziale decisamente superiore. Il proprietario tenderà quindi a limitarsi agli interventi di manutenzione.
Se invece la detrazione può essere utilizzata davvero come moneta di pagamento, attraverso la cessione del credito al fornitore, l’esborso inziale si riduce già, portando il proprietario ad orientarsi alla riqualificazione energetica
Il meccanismo della cessione del credito così concepito, quindi, aumentava l’efficacia degli incentivi fiscali proprio sugli interventi più efficienti, sia direttamente che indirettamente, e per i quali la barriera finanziaria è più difficile da superare.
Il tutto, senza incidere negativamente sui conti pubblici. In primo luogo, perché il credito fiscale, anche se cedibile, non viene contabilizzato nel debito pubblico; in secondo luogo, perché gli interventi supportati, come dicevamo prima, sono in realtà interventi poco frequenti che incidono assai poco sul costo generale dell’ecobonus.
Insomma, le detrazioni fiscali insieme alla possibilità di cessione del credito costituiscono un incentivo estremamente efficace ed interessante come buona pratica a livello europeo.
Purtroppo questo incentivo coerente ed efficace è stato snaturato in primo luogo con la Legge di Bilancio dell’anno successivo, che ha ampliato la cessione del credito a tutti gli interventi che hanno diritto all’ecobonus, e, di conseguenza, con i provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 11/E del 18 maggio 2018 e successive), che hanno ristretto fortemente le possibilità di acquisto dei titoli.
Oggi come oggi quindi, questo strumento ha perso di efficacia.
L’Agenzia delle Entrate infatti richiede che i soggetti che acquistano il credito siano “collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione”. Ciò significa che possono essere fornitori o sub fornitori; oppure, soggetti appartenenti allo stesso gruppo dei fornitori o subfornitori.
Ora, analizzando i movimenti del mercato dalla pubblicazione della legge di Bilancio 2017, risulta chiaro che i soggetti potenzialmente interessati all’acquisizione del credito di imposta sono le grandi utilities: proprio queste dunque stanno approfondendo, negli ultimi mesi, le modalità con le quali possono essere “collegate al rapporto che ha dato origine alla detrazione”.
Le modalità di collegamento, come anticipavamo sopra possono essere due:
- Gli acquirenti sono parte di un gruppo/rete con gli operatori che eseguono gli interventi. Le grandi utilities hanno molto spesso piccole controllate che lavorano nel campo della gestione del calore o della conduzione degli impianti; non hanno, in genere, imprese edili associate. Si muovono quindi per eseguire gli interventi direttamente subappaltando agli edili la realizzazione di isolamento termico; questo modello, però genera complicazioni sul piano della sicurezza e della gestione del cantiere.
- Gli acquirenti contribuiscono con forniture per gli interventi. Chiaramente, per loro è più facile fornire macchine per la sostituzione delle centrali termiche piuttosto che componenti per l’isolamento termico di tetti e facciate; l’interesse è nullo per forniture di materiali e componenti con prestazioni ulteriori rispetto a quelle termiche (antisismiche e non solo)
Il modello, quindi è in sostanziale cortocircuito: chi è interessato all’acquisto dei crediti (e quindi a finanziare gli interventi) non trova il modo di collegarsi al rapporto che da origine alla detrazione; chi invece promuove e realizza gli interventi (generalmente PMI), non ha la capacità finanziaria per acquistare i crediti.
In questo difficile contesto, tuttavia, alcune operazioni si stanno portando avanti, con la partecipazione quindi di un numero elevato di operatori ed intermediari che, chiaramente, applicano ognuno un margine sui costi degli interventi.
Per far fronte al possibile aumento dei prezzi, dunque, già il governo precedente aveva pianificato l’introduzione di massimali di detrazione per tecnologia. La bozza di decreto, che ha iniziato a circolare qualche tempo fa, contiene massimali per rivestimenti a cappotto, facciate ventilate, isolamento coperture piane ed inclinate, sostituzione di impianti termici
La nostra proposta è semplice: anziché porre dei massimali, che rischiano di pregiudicare la qualità dell’intervento, limitiamo l’utilizzo della cessione agli interventi sull’involucro opaco (cosi come nella concezione originaria dell’incentivo) e ampliamo la possibilità di acquisizione del credito, riducendo cosi il numero di intermediari che partecipano alle operazioni.
Contro i massimali per tecnologia
Riteniamo che i massimali per tecnologia cosi come proposti nella bozza di decreto rischiano di compromettere il faticoso processo di riqualificazione degli edifici.
I massimali per gli interventi sull’impianto sono differenziati per tecnologia (caldaia a condensazione, pompe di calore) e sono direttamente proporzionali alle dimensioni dell’impianto. In questo modo, maggiore è la potenza dell’impianto, maggiore sarà il massimale, e quindi, a conti fatti la spesa detraibile. Ciò è assolutamente contrario al principio base della deep renovation, che provoca una riduzione dei fabbisogni energetici negli edifici che si traduce direttamente in una riduzione del dimensionamento del generatore di calore.
Per quanto riguarda l’involucro, invece, le tecnologie degli interventi sono differenziate solo in termini di elemento edilizio oggetto dell’intervento (superfici verticali o orizzontali) e, minimamente, in base alle tecnologia utilizzata (intervento dall’interno o dall’esterno o di parete ventilata).
Qualunque addetto ai lavori sa benissimo che i costi delle tecnologie di isolamento dipendono anche dalle prestazioni che si vogliono raggiungere (non solo energetiche, ma anche acustiche, di comportamento al fuoco, di comfort, di durabilità, ecc.); la bozza di decreto, però, non raccoglie queste differenze ed, appiattisce la ricchezza tecnologica alla fascia più bassa in termini di qualità energetica (ignorando tutti i restanti aspetti di qualità).
Gli involucri degli edifici italiani, infatti, non sono carenti solo dal punto di vista energetico, ma anche in termini di comfort e di sicurezza che possono offrire agli occupanti l’edificio.
Un intervento sull’involucro dovrebbe pertanto considerare tutti gli aspetti, non la sola efficienza energetica, anche perché il perseguire solo quest’ultima potrebbe peggiorare drasticamente altre caratteristiche (come ad esempio il comportamento al fuoco).
Anche la recente Direttiva 2010/844 (cfr. https://renovate-italy.org/2018/09/07/direttiva-2018-844-aggiornamento-dellepbd/) ricorda agli Stati Membri che devono prendere in considerazione questi ad altri aspetti nel disciplinare gli interventi sugli edifici esistenti.
Attualmente, gli interventi di deep renovation che non si limitano alla semplice efficienza energetica sono correttamente incentivati dall’ecobonus.
Infatti, una deep renovation “completa” (ovvero che tiene conto di tutte le prestazioni di cui sopra) costa di più di un intervento di semplice coibentazione, ma usufruisce comunque di una detrazione maggiore in termini assoluti (la detrazione, essendo espressa in percentuale del costo, in termini assoluti aumenta all’aumentare del costo).
Con l’introduzione dei paventati massimali unitari di costo, invece, gli interventi non di semplice coibentazione risulterebbero svantaggiati perché il costo eccedente il massimale unitario non avrebbe diritto ad alcuna detrazione. In pratica, l’extra-costo rispetto alla semplice efficienza energetica non avrebbe diritto ad alcuna detrazione.
Il quadro che si delineerebbe è preoccupante: estromettere dagli incentivi la possibilità di raggiungere, in aggiunta alla coibentazione termica, anche ulteriori prestazioni (ad esempio l’isolamento acustico e la protezione dal fuoco), fossilizzerà il mercato su interventi che non raggiungono il desiderato comfort e peggiorano la sicurezza degli occupanti.
La soluzione è quella che abbiamo già prospettato nel precedente articolo: prevedere migliori condizioni incentivanti per le riqualificazioni profonde e “complete”, ovvero quelle che utilizzano l’efficienza energetica quale volano per risolvere tutte le criticità dell’immobile (o perlomeno degli elementi tecnici interessati dall’intervento).
NZEB come requisito di riferimento
Infine, ricordiamo l’importanza di individuare la corretta prestazione termica, necessaria per accedere all’ecobonus.
La strategia di riqualificazione che ogni Paese europeo deve realizzare prevede che il parco immobiliare raggiunga il livello NZEB; l’incentivo, dunque dovrebbe premiare tutti gli interventi che raggiungono tale livello, evitando di richiedere una efficienza superiore.
Infatti, l’incentivo deve riuscire a migliorare l’efficienza energetica dell’intero parco edilizio, e non premiare pochi interventi (inutilmente) super-efficienti.
La bozza di decreto individua dei requisiti di trasmittanza più severi rispetto ai livelli indicati da normativa come NZEB. Ora, se i requisiti NZEB sono stati definiti in quanto rispecchiano il corretto rapporto costi/benefici, non pare sensato che lo Stato investa risorse pubbliche per finanziare requisiti ancora più severi e più costosi.
D’altronde, l’attuale corsa ad una trasmittanza sempre minore deve pur fermarsi, altrimenti tra qualche anno la richiesta per accedere all’ecobonus sarà la trasmittanza nulla….
Alcuni sostengono che superare il livello NZEB troverebbe una giustificazione nel Conto Termico, che prevede, per avere diritto all’incentivo, di raggiungere un livello più severo di quello NZEB.
Non bisogna però dimenticare che il Conto Termico incentiva gli interventi di coibentazione solo per gli edifici pubblici e che questi ultimi devono avere un ruolo esemplare nei confronti di quelli privati, come ricorda la SEN 2017 (cfr. pag. 104).
In sintesi, l’esistenza di requisiti più severi del livello NZEB per gli edifici pubblici non comporta che tali requisiti debbano valere anche per gli edifici privati, ma anzi dobbiamo ricordare che i requisiti per gli edifici pubblici, stante il loro ruolo esemplare, devono essere più severi di quelli richiesti per gli edifici privati.
Proponiamo quindi che le soglie di coibentazione per l’accesso all’ecobonus siano i valori di trasmittanza che identificano l’edificio a consumo quasi nullo di energia (NZEB), contenuti nell’Appendice A al DM 26 giugno 2015 “Requisiti Minimi” e riportati nella tabella sottostante).
UNZEB [W/m2K] |
||||
Zona climatica | Pareti | Coperture | Pavimento | Porte e finestre |
A | 0,43 | 0,35 | 0,44 | 3,0 |
B | 0,43 | 0,35 | 0,44 | 3,0 |
C | 0,34 | 0,33 | 0,38 | 2,2 |
D | 0,29 | 0,26 | 0,29 | 1,8 |
E | 0,26 | 0,22 | 0,26 | 1,4 |
F | 0,24 | 0,20 | 0,24 | 1,1 |
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