Proposta di incentivo per le riqualificazioni profonde

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Le riqualificazioni profonde (deep renovation) migliorano la prestazione energetica dell’edificio grazie a interventi sulle tre macro-aree:

  • involucro;
  • impianto termico;
  • rinnovabili.

Le relazioni di autorevoli centri di ricerca mostrano che il perseguimento dell’obiettivo di migliorare drasticamente l’efficienza energetica dello stock immobiliare produce una serie di importanti vantaggi per l’economia, per la società, per la sicurezza energetica e per l’ambiente.

Esse consentono di percepire chiaramente che la trasformazione del patrimonio immobiliare non riguarda solo i vantaggi per singoli immobili o per singoli soggetti che investono e che ricevono benefici, e non riguarda i singoli affari dei singoli operatori che progettano gli interventi, producono le tecnologie adatte o finanziano le attività, ma ha a che fare con rilevanti aspetti macroeconomici in grado di contribuire a quella trasformazione profonda che è disegnata nelle strategie di sviluppo globale, al pari di altre grandi mutazioni che stanno avvenendo o che avverranno, come la transizione verso l’energia da fonti rinnovabili, la generazione distribuita, la mobilità elettrica.

Sotto questa luce, l’efficienza energetica degli edifici non assume solo una caratterizzazione tecnica, ma deve essere posta al centro dell’attenzione politica.

Nel nostro Paese esiste una consapevolezza di questi vantaggi, stratificata ai differenti livelli di responsabilità politica, che trova espressione nei vari atti di indirizzo che periodicamente vengono portati all’attenzione del pubblico (SEN, PAEE, PEAR, PAES). Piani che, ai diversi livelli di competenza, fissano obiettivi coerenti con una strategia comunitaria che, pur nelle sue ambiguità, è fortemente orientata a promuovere l’efficienza degli immobili in misura oltremodo impegnativa, soprattutto se proiettata verso orizzonti che traguardano il 2020. Questi atti di indirizzo sistematicamente attribuiscono all’efficientamento dell’edilizia esistente una responsabilità enorme in termini di quota di riduzione dei consumi di energia e delle emissioni.

Esiste però un divario enorme tra questi obiettivi e le azioni che si attivano spontaneamente, dell’ordine di 10 a 1: riduzioni dei consumi di energia dell’entità indicata nei piani implicano un cambio di passo epocale rispetto alla quantità e qualità degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici che oggi sono posti in essere.

Rispetto alle previsioni, si assiste a una latitanza drammatica della domanda. L’efficienza energetica non viene percepita come un valore economico e non bastano gli incentivi a creare una domanda che, semplicemente, non c’è.

I piani inoltre (soprattutto quelli formulati dagli enti territoriali) sono talmente sguarniti di strumenti di attuazione capaci di mobilitare le risorse economiche necessarie da somigliare, più che a veri piani operativi, a una risposta necessaria a obblighi calati dall’alto o, in altri termini, a “libri dei sogni” che non hanno alcuna possibilità di essere tradotti in realtà.

Anche il ruolo esemplare che la Direttiva sull’efficienza energetica assegna alla funzione pubblica (art. 5) rischia di rimanere lettera morta.

L’evidenza di ciò che sta succedendo nell’attuale contesto normativo e incentivante è contenuta nei dati pubblicati periodicamente da ENEA.

Nonostante il fatto che in Italia esistano strumenti di incentivazione particolarmente generosi, la strada del rinnovamento energetico degli edifici continua a essere difficilissima:

  • gli investimenti attivati dalle misure di incentivazione fiscale stanno stimolando investimenti molto cospicui, ma in direzione non risolutiva dei problemi energetici e ambientali
  • infatti, solo una piccola parte (meno del 15%) degli investimenti agevolati con gli sgravi fiscali ha a che fare con l’efficienza energetica, e solo una piccolissima quota di questa parte (il 2%) ha a che fare con attività che affrontano il problema attraverso interventi radicali ed economicamente sostenibili
  • al contrario, la grandissima parte degli investimenti agevolati riguarda singoli elementi di singole unità abitative, non in grado di rimuovere gli sprechi in misura significativa
  • i condomini costituiscono la grandissima quota della proprietà immobiliare nei maggiori centri urbani; eppure non sono minimamente affrontati gli ostacoli che impediscono a questi soggetti di realizzare  interventi ambiziosi e di ottenere i finanziamenti necessari
  • parimenti, non sono affrontati gli ostacoli che impediscono l’efficientamento degli edifici non occupati dai proprietari e ceduti in locazione, in cui chi sostiene i costi non beneficia dei risparmi generati
  • così come non sono radicalmente affrontati i problemi che impediscono alle amministrazioni pubbliche locali di integrare le sovvenzioni del Conto Termico nei contratti di Partenariato Pubblico Privato, superando in questo modo le limitazioni alla loro capacità di spesa.

In questo quadro, è di tutta evidenza la necessità di un aggiornamento del quadro normativo e di incentivazione che sia in grado di generare un contesto favorevole alla realizzazione degli interventi di riqualificazione energetica profonda degli edifici.

Quadro generale

Nel discutere del riordino e rafforzamento del sistema di incentivi alle ristrutturazioni edilizie profonde, proponiamo di tenere presenti le seguenti considerazioni.

  • Le obiezioni a politiche energetiche che prevedano un ruolo attivo dello Stato sia regolativo che di finanziamento diretto hanno mostrato di avere una base fragilissima tanto teorica quanto empirica. Si vedano, a titolo di esempio:
    • le critiche allo “stato minimo” nel testo Il ruolo economico dello Stato del Nobel J. Stiglitz;
    • le analisi recenti del Fondo Monetario Internazionale sul fatto che una politica di austerity in parallelo in molti stati genera rallentamento dell’economia e peggioramento de rapporto debito/PIL;
    • il fatto che i Paesi in cui si assiste a un forte sviluppo delle capacità tecnologiche, industriali e progettuali su efficienza e rinnovabili vedono un ruolo forte dello Stato, con politiche coerenti e costanti nel tempo.
  • Anche ammettendo che lo Stato debba limitare il proprio ruolo alla regolazione del mercato (e non finanziare direttamente le attività) occorrono investimenti pubblici per garantire riconoscimento obiettivo agli sforzi di fornire prodotti e servizi di qualità da parte degli attori privati innovativi.
  • Vanno potenziati gli incentivi che non gravano sul bilancio dello Stato (e quindi non peggiorano il rapporto debito/PIL anzi, favorendo gli investimenti lo migliorano), come il meccanismo dell’obbligo di risparmio e dei Titoli di Efficienza Energetica.
  • Incentivi come gli sgravi fiscali vanno corretti per:
    • legarli in modo univoco al livello di risparmio raggiunto
    • renderli accessibili a tutti, indipendentemente dal livello di tasse pagato.
  • Esistono incentivi a costo zero che vanno difesi e migliorati, come le tariffe progressive  dell’energia. Il tempo di ritorno degli investimenti in efficienza è fortemente ridotto, poiché i kWh risparmiati sono sempre gli “ultimi”, cioè i più cari. Se alle famiglie vengono fornite informazioni chiare su questo meccanismo, si ottiene un segnale di prezzo (incentivo) a costo zero per le case pubbliche. Eliminare questo meccanismo, come Governo e Autorità si propongono di fare, corrisponde paradossalmente, a parità di obiettivi di risparmio energetico, ad aumentare la spesa per lo Stato. La scelta di eliminare la tariffa progressiva è dunque economicamente irrazionale, a meno che l’obiettivo non sia quello di aumentare i consumi.

In positivo occorre:

  • avere un obiettivo nazionale (e strumenti per realizzarlo) di netta riduzione della domanda di energia;
  • mantenere e migliorare la progressività delle tariffe di energia elettrica e gas;
  • potenziare il meccanismo dei TEE per gli interventi di deep retrofit che consentono alti risparmi ma ritornano in tempi medio lunghi;
  • realizzare la seconda parte dell’art. 9 della EPBD che chiede agli Stati Membri di sviluppare piani includenti la trasformazione dei retrofit in zero energy retrofit;
  • introdurre una definizione chiara di edificio NZEB;
  • migliorare e coordinare gli strumenti di incentivazione esistenti.

Il riordino del quadro di incentivazione in un contesto che consideri anche un cospicuo trasferimento intersettoriale di risorse grazie a una accorta azione di fiscalità ecologica consentirebbe di massimizzare i molteplici benefici connessi con l’efficienza energetica, aggiuntivi rispetto al risparmio di energia e alla riduzione di emissioni climalteranti.

Analisi e proposta di incentivo per le riqualificazioni profonde

Un incentivo, per essere funzionale alle riqualificazioni profonde (gli interventi con la migliore efficacia ed efficienza ma anche i più estesi e costosi) deve possedere le seguenti caratteristiche:

  1. bancabilità: l’incentivo deve poter essere trasferito dal soggetto beneficiario a un soggetto terzo (finanziatore o altro); gli interventi costosi necessitano l’anticipazione di risorse finanziarie che spesso non sono nella disponibilità dei proprietari (sia privati, sia pubblici); la bancabilità consente di superare gran parte degli ostacoli esistenti quando la proprietà è condominiale
  2. neutralità di intensità e soglia di accesso rispetto alle tecnologie implementate: l’ammontare del contributo e i requisiti tecnici da rispettare non devono dipendere dalle tecnologie implementate; al limite si può ipotizzare di introdurre vincoli per le macro-famiglie (involucro, impianto termico, fonti rinnovabili) ma non per i singoli componenti tecnologici (es. serramenti, generatore di calore, fotovoltaico, ecc). In caso contrario, come mostra l’esito dell’eco-bonus, i cittadini tenderanno a preferire le sostituzioni tecnologiche (più semplici e meno costose) e non gli interventi integrati (più complessi e costosi)
  3. intensità adeguata ai costi dell’intervento (che sono più elevati di quelli delle semplici sostituzioni tecnologiche):  altrimenti l’incentivo perderà la propria funzione di stimolo. Un buon livello di intensità di contribuzione è quello che riesce a ridurre notevolmente lo split incentive che usualmente colpisce gli investimenti negli edifici ceduti in locazione
  4. stabilità nel tempo: la durata del meccanismo di incentivazione deve essere connessa al ciclo decisionale che sottende l’incentivo.

Nessuno degli incentivi attuali soddisfa pienamente le caratteristiche elencate; a riprova di quest’affermazione si guardino i risultati dell’eco-bonus: la misura si è dimostrata capace di incentivare solo gli interventi più semplici (di fatto, le semplici sostituzioni tecnologiche) e meno costosi, prescindendo dalla loro capacità di migliorare significativamente l’efficienza energetica. Al contrario, gli interventi più efficienti ed efficaci (tipicamente quelli sulla parte opaca dell’involucro e soprattutto gli interventi integrati) non sono sufficientemente stimolati dall’eco-bonus, sebbene anch’essi rientrino tra gli interventi agevolabili.

Di fronte a queste considerazioni, l’eventuale proroga dell’ecobonus non rappresenta la soluzione, ma il male minore. La proroga risulterebbe accettabile solo come soluzione “ponte” da mantenere finché non entrerà in vigore un nuovo sistema incentivante per le riqualificazioni profonde tout court, ma anche per quelle su più fasi.

1. Bancabilità 2. Neutralità tecnologica  3. Adeguata intensità
Eco-bonus  No  Parziale  Non garantita
Certificati Bianchi  Sì  No  Solo se cumulabile
Conto Termico Problematica No Solo se cumulabile

Tabella 1: confronto tra i diversi incentivi attualmente disponibili.

Passando a un’analisi più puntuale, il requisito n. 1 (ma anche il n. 3) è incompatibile con le detrazioni fiscali (non sono bancabili e la loro effettiva intensità dipende dalla capienza fiscale dei beneficiari, dunque le famiglie a basso reddito – che sono gli occupanti della larga parte degli edifici di scarsa qualità termica – non possono accedervi).

I certificati bianchi rispettano il requisito n. 1 ma, al momento, non il n. 2 (le schede tecniche standardizzate dipendono dalle specifiche tecnologie) e il n. 3 (la loro intensità è bassa, per via della loro attuale remunerazione economica ma anche delle erroneamente basse vita tecnica e utile assegnate alle tecnologie edilizie).

Il conto termico rispetta il requisito n. 1 (ma solo sulla carta, perché è di fatto impossibile la sua integrazione nelle proposte di finanza di progetto) ma non il n. 2 (dipende dalle singole tecnologie implementate; alcune ne sono addirittura escluse); potrebbe soddisfare il requisito n. 3.

Come è stato dimostrato, gli investimenti in efficienza energetica (soprattutto se indirizzati verso le riqualificazioni profonde) generano una moltitudine di benefici, (anche per le finanze pubbliche), il cui ammontare supera abbondantemente il costo dell’investimento. Vogliamo comunque affrontare il tema del reperimento delle necessarie risorse economiche.

  • I certificati bianchi si auto-finanziano, poiché prevedono espressamente di ripartire il costo tra i consumatori, tramite un’apposita voce nelle bollette energetiche. Questo sistema è universale (pagano tutti, proporzionalmente ai propri consumi) e i benefici macroeconomici sopra citati vanno a tutta la collettività. E’ possibile disegnare il meccanismo in modo da riservare una parte dei fondi a categorie specifiche, come le famiglie a basso reddito (questo è stato fatto ad es. in UK e USA).
  • Il conto termico, analogamente agli incentivi al fotovoltaico, non grava sul bilancio pubblico, trovando copertura nelle tariffe del gas.
  • L’eco-bonus trova copertura nelle maggiori entrate fiscali generate direttamente (emersione di economia sommersa, maggiori IVA, imposte sui redditi e contributi sul costo del lavoro) e indirettamente (IVA sui maggiori consumi generati dall’occupazione creata). Ulteriori risorse potrebbero essere trovate attraverso la ri-allocazione di sussidi dannosi per l’ambiente.

L’eco-bonus e il conto termico sono alternativi e, attualmente, non consentono il cumulo dei benefici.

Dalle analisi precedenti emerge chiaramente che le riqualificazioni profonde necessitino di un incentivo specifico. Anziché pensare a un nuovo incentivo ad hoc, esso potrebbe semplicemente concretizzarsi attraverso la cumulabilità tra più incentivi già esistenti ma opportunamente modificati. Di seguito tratteggiamo una possibile soluzione, anche se questa soluzione è meno lineare rispetto a quella di un nuovo strumento dedicato. E’ comunque fondamentale che esista una netta differenziazione dell’intensità degli incentivi dedicati alle riqualificazioni profonde e a quelle non profonde o del tutto neutrali per l’efficienza energetica.

Tra i molti benefici delle riqualificazioni profonde vi è l’elevato risparmio energetico che esse generano; è dunque opportuno che questi interventi possano accedere al meccanismo dei certificati bianchi, a seguito della pubblicazione di una specifica scheda tecnica standardizzata, contenente adeguati valori di vita tecnica e vita utile.

In questo modo si risponderebbe al requisito n. 2, ma non al n. 3. I certificati bianchi, da soli, non possono essere sufficientemente attrattivi per stimolare le riqualificazioni profonde. La cumulabilità con un secondo incentivo, che rispetti anch’esso i requisiti di cui sopra, può fornire una semplice soluzione dedicata agli interventi di deep renovation.

Questo secondo incentivo potrebbe essere uno di quelli esistenti (ad esempio un conto termico aperto a tutte le tecnologie e a tutti gli edifici) o potrebbe essere uno nuovo, sostitutivo sia dell’eco-bonus, sia del conto termico.

In aggiunta agli incentivi è necessaria (come avviene in altri Paesi che stanno incentivando le riqualificazioni profonde) la costituzione di un fondo per l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato, alimentato da una pluralità di fonti, pubbliche e private, che faccia da volano a un consistente coinvolgimento degli investitori privati. Questi saranno fortemente stimolati dalla presenza di un sistema di condivisione del rischio finanziario, attraverso un fondo pubblico di garanzia, di entità adeguata agli obiettivi del piano di efficientamento degli immobili pubblici e privati.

Deve infine essere affrontato con determinazione e con sufficienti risorse, qualunque sia il sistema incentivante adottato, il tema fondamentale della sensibilizzazione dei cittadini, in applicazione dell’art. 13 del D.Lgs. 102/2014.

Clicca qui per scaricare il testo completo (completo di note e fonti).

Un pensiero su “Proposta di incentivo per le riqualificazioni profonde

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