La Conferenza di Parigi ha creato una forte consapevolezza che il problema ambientale è reale, grave e urgente. L’evidenza della causa antropica è ormai accettata dalla comunità scientifica.
Gli obiettivi degli accordi precedenti sono ben lontani dall’essere raggiunti: le emissioni non tendono a diminuire, nonostante le azioni intraprese. La temperatura media del pianeta continua a crescere: il 2015 è stato l’anno più caldo da quando si fanno misurazioni, così come lo era stato il 2014.
La comunità politica mondiale ha riconosciuto l’esigenza di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Di conseguenza, occorre ridurre drasticamente le emissioni climalteranti globali: del 40-70% entro il 2050, del 100% entro la fine del secolo.
Il momento è storico: si tratta del primo accordo dopo quello del COP3 di Kyoto, che risale a 18 anni fa, e ne sentiremo parlare a lungo.
L’impegno per assicurarci un mondo più sano e sicuro è irreversibile. I benefici saranno futuri, ma gli sforzi devono essere fatti oggi: mitigare oggi per non dover pagare troppo domani. Più si aspetta, più le riduzioni future dovranno essere drastiche.
L’imperativo giunto da Parigi dunque è: accelerare.
Solo chi è custode del territorio può costruire programmi adeguati. Occorre che ogni Paese faccia la sua parte, mettendo in moto politiche in tutti i settori che producono emissioni: energia, trasporti, edifici, industria, agricoltura.
Risparmio energetico, efficienza energetica, passaggio a combustibili con minori emissioni, fonti rinnovabili, stoccaggio dell’anidride carbonica, potenziamento degli assorbimenti nazionali: sono questi gli strumenti nella cassetta degli attrezzi, e al primo posto è stato posto il risparmio di energia.
Le leve più efficaci per agire, però, non risiedono a livello locale, dove le emissioni si producono e dove dovrebbero essere affrontate, ma sono governate altrove, dove si fanno le strategie e i provvedimenti di portata nazionale.
Guardiamo i dati.
Proviene dagli edifici il 50% delle emissioni di CO2 nel Comune di Milano (fonte: PAEE Milano), il 40% delle emissioni nella provincia di Milano e quasi il 30% delle emissioni in Lombardia (fonte: INEMAR).
Quasi un terzo delle principali emissioni dannose per la salute umana in Lombardia è generato dal riscaldamento degli edifici (fonte: INEMAR).
La pianura padana vanta, a pari merito con i bacini carboniferi della Slesia polacca, la peggior concentrazione di polveri sottili, metà delle quali sono prodotte dalla combustione per riscaldamento (fonte: EEA e INEMAR).
E’ inevitabile che bisogna agire sugli edifici e che non basta installare valvole termostatiche.
Oggi, invece, l’80% e più degli interventi di manutenzione, anche straordinaria, trascura l’efficienza energetica, che non è considerata un’esigenza personale improcrastinabile.
Le nuove e più restrittive norme sui requisiti minimi e sulla certificazione energetica sono vissute come un fastidio, una vessazione, e non come un contributo al benessere proprio e collettivo.
La politica nazionale sembra ancora assopita, non consapevole del suo ruolo. Non sta affrontando seriamente questi problemi: si prendono impegni (possibilmente poco vincolanti) e non si dà seguito con provvedimenti concreti, in grado di rimuovere le barriere che ostacolano le decisioni di investimento. La politica locale, da parte sua, non ha risorse e fa quello che può. Anche in politica, il greenwashing è la nuova insidia da cui guardarsi.
- La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile è stata istituita nel lontano 2002. Nel 2006 ne era stato previsto l’aggiornamento (D.Lgs. 152/2006, art. 34), ma nessuno se ne è mai occupato. Ora il Collegato Ambientale ribadisce l’esigenza di un aggiornamento triennale (art. 3), ma si continua a non indicare chi ne ha la responsabilità specifica.
- Nel 2015 è stata approvata la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (decreto 16-06-2015 della Direzione Generale per il Clima e l’Energia del MATTM) con la costituzione di un “Forum permanente” (per la promozione dell’informazione, della formazione e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori d’interesse) e di un “Osservatorio Nazionale” (per l’individuazione delle priorità territoriali e settoriali e per il monitoraggio delle azioni di adattamento) ma senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica! Qualcuno ne sa qualcosa? Qualcuno si azzarda a prevedere che, senza metterci un euro, la capacità decisionale dei cittadini sarà stimolata?
- La legge di attuazione della direttiva sull’Efficienza Energetica (D.Lgs 102/2014) è stata duramente stigmatizzata dalla Commissione Europea, che ha denunciato la sua incapacità di rimuovere gli ostacoli all’efficienza energetica e ha aperto una procedura d’infrazione; lo schema di decreto correttivo è un capolavoro di circonlocuzione giuridica e di insipienza politica. Non vi è assolutamente nulla che possa avere un impatto significativo.
- La Strategia per la Riqualificazione Energetica del Parco Immobiliare Nazionale (STREPIN) ha tutte le caratteristiche per candidarsi al fallimento, dato che si basa su approcci e strumenti che da molti anni hanno mostrato di essere incapaci di innescare un processo di rinnovamento dell’edilizia esistente.
- Le fonti energetiche rinnovabili sembrano essere diventate un nemico pubblico da debellare, a giudicare dalla gragnuola di provvedimenti penalizzanti che provengono dal MISE.
- Il nuovo sistema delle tariffe elettriche è considerato un errore da tutte le associazioni ambientaliste.
- La proroga annuale dell’ecobonus è periodicamente annunciata come un provvedimento salvifico, mentre non fa altro che perpetuare un sistema incentivante che ha dimostrato la sua totale incapacità di stimolare la riqualificazione profonda degli edifici.
- Dopo più di un anno di ritardo finalmente si è messo mano al Conto Termico (questa volta facendo le cose quasi per bene, bisogna riconoscerlo), ma le risorse dedicate forse saranno sufficienti per un paio di piccole province.
- Vi è stata la corsa dei Comuni ad aderire al Patto dei Sindaci. Siamo il Paese con il più alto numero di firmatari: 3212 (su un totale di 6072 in tutta Europa!) e abbiamo quasi altrettanti Piani d’Azione. I Piani di Monitoraggio però sono solo 501, ed è meglio non leggerli con troppa attenzione, se non si vuole essere afflitti da un profondo scoramento.
È questo il modo con cui si intendono affrontare gli impegni reali, gravi e urgenti per la protezione del clima e della salute? Dobbiamo forse aspettarci l’approvazione di una nuova Strategia nazionale per l’attuazione delle Strategie nazionali? Dov’é la Cabina di Regia per l’Efficienza Energetica, istituita il 9 gennaio 2015, che avrebbe dovuto “promuovere l’attuazione di un piano di interventi di medio-lungo termine per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili”, ma di cui non si è ancora avuto alcun segnale di attività?
Le barriere economiche devono necessariamente essere affrontate dal governo centrale. Gli investimenti per la tutela del clima non significano solo costi, ma generano anche molteplici benefici. Ambiente, salute, occupazione, indipendenza energetica, bilancia dei pagamenti, affrancamento dalle aree di instabilità geopolitica, resilienza, comfort, clima sociale, sensibilizzazione verso un modello di consumo più sobrio e sostenibile, i nuovi impegni COP21: sono tutti aspetti legati da un filo che trovano nell’efficienza energetica un denominatore comune.
Politica economica, industriale e ambientale dovrebbero orientarsi in modo coordinato verso l’unico obiettivo della sostenibilità. Altrimenti resteranno chiacchiere.
E’ assodato che un piano di investimenti ambizioso e di vasta scala per il miglioramento del parco edilizio nazionale procura questi benefici.
Si tratta allora di riconfigurare i meccanismi di incentivazione in modo da investire di più, e soprattutto meglio, nel rinnovamento energetico degli edifici, attraverso la riqualificazione o la sostituzione.
Le amministrazioni locali, che hanno la responsabilità dell’attuazione dei piani sul territorio, dovrebbero essere coese nel chiedere al Governo un’azione forte, coraggiosa, determinata e coerente.
Renovate Italy ha predisposto proposte specifiche e propone alle istituzioni locali e alle associazioni di esaminarle e sostenerle.
Le barriere culturali possono e devono essere affrontate a livello locale.
C’è un drammatico bisogno di formazione, di consapevolezza diffusa. Il mondo dell’informazione non riesce a veicolare bene questo argomento, che non fa presa sulla gente: non vi è un evidente rapporto causale tra le azioni dei singoli e le conseguenze globali e future. Non vi è un diffuso riconoscimento che un’emissione evitabile oggi è un delitto contro il pianeta in cui viviamo.
La sensibilizzazione dei cittadini di domani, nelle scuole, semplicemente non esiste. Men che meno quella dei cittadini di oggi.
Occorre un impegno forte delle istituzioni locali, con l’obiettivo specifico di influire sulle decisioni di intervento. Bisogna agire sull’ “effetto lock-in” che nel settore dell’edilizia è particolarmente insidioso: un’azione fatta oggi ne impedisce un’altra per decenni. Quando si interviene su un edificio, bisogna farlo per bene.
Devono essere impegnate risorse e dedicati sforzi per la creazione di strutture credibili e competenti a cui affidare l’informazione, la stimolazione di una domanda che oggi non esiste, il suo avvicinamento all’offerta.
Il coordinamento delle due azioni, centrale e locale, deve fornire gli strumenti culturali e le risorse economiche e finanziarie per convincere che è l’azione di oggi che può determinare il benessere nostro e dei nostri nipoti.
[questo articolo, a firma di Virginio Trivella, è stato pubblicato da Il Quotidiano Immobiliare, 22 febbraio 2016]